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Tanti mondi dietro un’adozione

Con “Amici Trentini” una mano tesa per i bimbi

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Carla Zamorani, farmacista delle farmacie comunali, ci racconta in terza persona la storia della sua esperienza. Una storia toccante, ricca di amore e di coraggio, che può essere un grande esempio di umanità resa possibile dal sostegno dell’Associazione Amici Trentini.

 

Torniamo indietro nel tempo…

Carla e Michele decidono, dopo anni di ricerca vana di un figlio, di ricorrere all’adozione. Lungo è il percorso per risultare finalmente idonei. “Strano che la natura, ragionando “di pancia”, per darti un figlio impieghi 9 mesi e l’uomo, ragionando con l’intelligenza, può impiegare diversi anni!” raccontano, ricordando le enormi difficoltà affrontate, i costi sostenuti e la determinazione nel desiderare con tutto il cuore un figlio. Lunghi percorsi in diverse città italiane che portano solo frustrazione e delusione.

A Trento, divenuta meta finale del loro percorso di lavoro, trovano un Ente serio che operava nel campo delle adozioni con il Nepal, una realtà incredibile dall’altra parte del mondo, in cui le condizioni umane sono lontane dalle nostre, anni luce. Decidono di rivolgersi a questo Ente per il percorso di preparazione all’adozione del loro piccolo, pur consapevoli che, spesso, un bimbo adottato porta con sé un bagaglio di traumi, ferite e malattie non indifferente.

Ma cosa ha spinto Carla a non arrendersi? L’amore. L’amore che una famiglia ha nel cuore, l’umanità di voler salvare qualcuno che dall’altra parte del mondo una famiglia non ce l’ha, il far valere il diritto al prossimo di avere il calore di una famiglia e la fortuna di vivere in un posto in cui le condizioni di vita sono decisamente migliori. E proprio in Nepal, a Kathmandu, la coppia conosce un bimbo, di nome Alok, dagli occhi grandi e scuri come la notte, apparentemente timido e introverso a causa delle sofferenze ma che poi si rivelerà vivace allegro e gioioso.

Il primo incontro, a febbraio 2006, permette a questa rinnovata famiglia di trovarsi e conoscersi, ma l’iter prevede un distacco e un secondo incontro che avviene a luglio 2006. Il 6 agosto Alok diventa ufficialmente il figlio di Michele e Carla: “L’altra metà del cielo l’abbiamo incontrata nell’altra metà della terra… Il destino è un filo di lana: lo puoi seguire fino all’angolo della tua strada o dall’altra parte del mondo”, dicono con un sorriso, mentre stringono il loro Alok diventato, oggi, un bellissimo ragazzo totalmente integrato nella nostra realtà.

Le difficoltà non finiscono qui. In Italia, nell’ambiente del lavoro, non è compreso il concetto di paternità necessario per costruire il cosiddetto “nido”: diversa è la gestione di un figlio proprio, da quella di un figlio adottato. Carla pertanto si sente spesso sola come, ad esempio, nel difficile momento del distacco per l’inserimento alla scuola materna. Alok, a cinque anni, si sente quasi abbandonato, urla e strepita. Le mura della struttura gli ricordano l’orfanotrofio. Per fortuna a Oltrecastello trova una maestra d’oro, con un cuore grande, che si prende particolarmente cura di lui. Il suo nome è Maria Chiara Conotter, purtroppo prematuramente scomparsa, ed è così che oggi si chiama l’asilo.

Un ponte tra Trento e il Nepal

La famiglia mantiene negli anni i contatti con Jaya, conduttrice dell’orfanotrofio e benefattrice, aiutandola a portare avanti negli studi tanti bimbi. È lei, prima dei media, che comunica a Carla e Michele il terribile terremoto che ha colpito il Nepal il 25 aprile 2015. Jaya si adopera a portare viveri e beni di prima necessità alla popolazione. Il Trentino rimane scosso anche dalla morte di diversi conterranei nel terremoto nepalese.

A Trento Carla e Michele si attivano per organizzare una donazione a favore della popolazione terremotata: oltre 400 persone partecipano all’iniziativa, raccogliendo una somma importante.

In Nepal Jaya organizza una grande festa di ringraziamento: su una tela bianca di oltre 20 metri, i volontari nepalesi scrivono il nome di tutti i partecipanti all’iniziativa promossa da Carla e Michele. Portano poi la tela a Daman (2248 m) in prossimità della maestosa Catena dell’Himalaya e la bruciano in segno di ringraziamento e fratellanza. I tanti nomi vengono mischiati alle correnti sacre della catena montuosa affinché l’aiuto rimanga, per sempre, nella spiritualità di quel popolo. 

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