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Il narrare come aiuto nei reparti di Terapia intensiva neonatale (Tin)

L’esperienza della Tin di Trento

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Quando si scopre di aspettare un bambino, normalmente, si provano un insieme di emozioni fortissime: felicità, paura, ansia, gioia. I sogni e le aspettative che subentrano sono molteplici: il primo contatto, il primo abbraccio, la prima suzione al seno, i parenti in festa, la culla pronta.

La nascita pretermine, soprattutto quando avviene molto precocemente, azzera tutto ed obbliga i genitori ad entrare in un mondo sconosciuto ed apparentemente ostile, il reparto di Terapia intensiva neonatale (Tin). Per le mamme dei bimbi prematuri la realtà spezza il sogno: il legame si interrompe e subentra una sensazione di perdita, di impotenza, un dolore intenso per un legame interrotto bruscamente. Accanto a queste prime sensazioni che coinvolgono in particolare le mamme per il loro inevitabile coinvolgimento fisico, ne subentrano altre quali la paura, la rabbia, l’angoscia, il senso di colpa e soprattutto la preoccupazione per quel bimbo appeso alla vita per un filo sottilissimo.

La Tin per le mamme è un luogo sconosciuto e che incute timore. Luci, suoni, monitor, infermiere e medici che parlano tra loro una lingua incomprensibile ai genitori. Ed il proprio bimbo è lì, con tubicini, fili, tecnologie che riportano numeri indecifrabili! Un neonato così diverso dal neonato sognato: nessun tocco, nessun abbraccio, solo lo sguardo pieno di amore attraverso il vetro dell’incubatrice.

Ma quel “non luogo” diverrà rapidamente familiare: si conosceranno le mamme che vivono lo stesso dramma, si inizierà a capire quel linguaggio difficile con cui i medici descrivono le condizioni del tuo bambino, e le infermiere che spiegano, accudiscono, favoriscono legami e sostengono nei momenti più difficili.

Ed è in questi momenti faticosi che il raccontare ed il raccontarsi diventa uno strumento che i genitori adottano per difendersi dall’incertezza e dal dolore, come se lo scrivere i fatti ed il vissuto della giornata possa fissare, rendere concreto un qualcosa di estremamente volatile e incerto come la salute del proprio bimbo. Ed ecco che la narrazione dell’esperienza assume connotati significativi nella relazione di cura perché esplicitare il disagio e il dolore in un racconto si trasforma in risorsa nel momento in cui viene messo in comune con altri. 

Le infermiere della Terapia intensiva neonatale di Trento sono da sempre molto attente alla “care” del neonato prematuro che comprende tutte quelle attività orientate alla riduzione dello stress neonatale attraverso il miglioramento dell’ambiente, la riduzione delle stimolazioni dolorose, il rispetto del ritmo sonno-veglia, la manipolazione dolce e, molto importante, il contatto precoce con la madre. In quest’area “soft” della cura assume un ruolo rilevante anche la medicina narrativa.

 

“Mi sono avvicinata all’incubatrice di Nina e dentro di me è esploso un urlo. C’era un artiglio che mi graffiava; mi strappava via la carne. C’erano stupore, paura, incredulità, strazio, impotenza e senso di colpa, e non capisco come abbia potuto semplicemente mettermi a piangere, perché il dolore faceva tali e tante acrobazie che il solo pianto non bastava a esprimerle tutte…”

Anna Sartorio, L’Arca di Nina, Tea 2005

 

Un’avventura grande piccina

L’attenzione verso la famiglia ha permesso a infermiere e medici di mettere a fuoco il bisogno di “raccontarsi” dei genitori. Le mamme spesso dicevano: “…la sera quando vado a casa scrivo quello che è successo durante la giornata. Per non dimenticare…”. Partendo dalla rilevazione di questo bisogno si è quindi formato un gruppo di lavoro multidisciplinare composto da infermiere, medici, psicologa ed una rappresentante degli Amici della neonatologia trentina (Ant) associazione di genitori che fornisce supporto ed assistenza alle famiglie dei pazienti ricoverati presso l’unità ospedaliera di Neonatologia dell’Ospedale S. Chiara. Il gruppo rivede e integra un lavoro di tesi di un’infermiera dove veniva approfondito l’effetto positivo dell’utilizzo del diario nei reparti pediatrici e le modalità di costruzione di questo strumento.

Alla fine del percorso è nata Un’avventura grande piccina, diario semi strutturato dove possono essere descritte emozioni e sentimenti che mamma e papà insieme ai fratellini e ai nonni vivono durante la lunga permanenza nel reparto. Nel diario ci sono pagine dedicate alla nascita, altre a momenti speciali “La prima volta che…”, altre a momenti di quotidianità: cosa ci hanno detto i medici e le infermiere, i momenti alti e i momenti bassi della giornata. Numerose pagine sono dedicate infine alla libera espressione in cui i genitori possono parlare al proprio bambino, raccontare le proprie paure o la felicità per una tappa raggiunta.

Il diario oggi può essere messo a disposizione di tutti i genitori che hanno il bimbo ricoverato in Tin grazie alla disponibilità di una graphic designer sensibile alle problematiche del neonato pretermine che ha curato la realizzazione grafica e all’associazione Amici della neonatologia trentina che lo stampa e lo regala alle famiglie.

Progetti a sostegno dei genitori

La collaborazione tra l’associazione e la Tin si esprime attraverso altri interventi a sostegno dei genitori, che possono essere realizzati grazie alle donazioni raccolte. Tra i tanti la messa a disposizione di un appartamento con 6 posti letto dove le mamme possono alloggiare gratuitamente per il periodo di ricovero del proprio bambino e che è stato chiamato “La casa delle mamme”; il pacco accoglienza che contiene oltre al diario, la collana del coraggio con tanti oggetti da assemblare e che rappresentano i piccoli o grandi passi fatti durante il ricovero in ospedale; il kit di contenimento con berrettino, babbucce, copertina e doudou (pupazzetto che conserva l’odore intenso ed unico della mamma) regalato dall’associazione Cuore di maglia, associazione di signore che realizzano manualmente capi in lana per i neonati patologici e che collabora con Ant. Ant organizza incontri in reparto con i genitori dei bambini prematuri ricoverati e genitori che hanno vissuto l’esperienza della Tin in modo che il condividere le rispettive esperienze renda il dolore più tollerabile e offra speranza in un momento così intenso e doloroso. L’associazione sostiene anche le spese di macchina fotografica e stampe per una foto da dare alle mamme che dopo il parto non possono visitare subito il proprio bimbo. “…mio marito con fare cerimonioso mi ha messo tra le mani una foto. È stato un colpo dritto al cuore. Mentre osservavo il bimbo ritratto realizzavo poco a poco che si trattava del mio. Gli parlavo e la sera prima di addormentarmi l’appoggiavo qui, sul cuore…” (Elena Cortonovis, Mattia è nato di corsa e… troppo presto!, Vita trentina 2015).

Il ricovero in Neonatologia è come un giro sulle montagne russe, successi e passi indietro. È un’esperienza stressante che il personale della Tin cerca di mitigare con quelle competenze umano-relazionali tipiche del “prendersi cura” e che in questi contesti sono indispensabili accanto a quelle “tecniche” che permettono ai piccoli di sopravvivere. La narrazione mette ordine nel caotico ballo delle emozioni diventando aiuto prezioso per prevenire e curare la sofferenza, fissare i ricordi più significativi e condividere le storie perché possano essere d’aiuto ad altri donando speranza. Le competenze hanno consentito ai sanitari di riconoscere il potere forte delle parole e creare strumenti per poterle esplicitare mentre la collaborazione con gli Amici della neonatologia trentina (www.neonatologiatrentina.it) ha concretizzato il progetto rendendo il diario disponibile per tutti i bimbi ricoverati nella Tin di Trento.

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