Il defibrillatore in caso di arresto cardiaco
Elemento centrale per la sopravvivenza
Per molti anni, i defibrillatori sono stati utilizzati solo dal personale medico per trattare le vittime di arresto cardiaco improvviso. Oggigiorno, l’efficacia dei defibrillatori nel salvare vite umane è stata riconosciuta su scala talmente ampia che il personale un tempo addestrato ad eseguire soltanto la rianimazione cardiopolmonare (RCP) è oggi abilitato all’utilizzo dei defibrillatori.
La normativa in vigore (Legge n. 120 del 3 aprile 2001 “Utilizzo dei defibrillatori semiautomatici in ambiente extraospedaliero”) ne permette, infatti, l’applicazione anche da parte di personale non medico e non infermieristico, purché abilitato da idonea formazione validata e sistematicamente verificata. La formazione ha l’obiettivo di consentire il funzionamento, in tutta sicurezza, dei defibrillatori semiautomatici esterni (DAE), per l’intervento sulle persone vittime di un arresto cardiocircolatorio (ACC). Infatti, i Dae “intelligenti” rendono tale manovra facile perché analizzano automaticamente il ritmo cardiaco e stabiliscono anche l’opportunità di una scarica.
Il Dae è un apparecchio di dimensioni e peso limitati (circa 2 kg), dotato di un numero ridotto di pulsanti (acceso, spento, scarica). Dopo aver applicato le placche sul torace del soggetto in Acc, e acceso lo strumento, esso effettua un’analisi del ritmo cardiaco del paziente, decidendo in modalità autonome e sicure quando e se defibrillare. L’apparecchio è dotato di istruzioni vocali che guidano il soccorritore nelle varie fasi della procedura di defibrillazione. Il Dae utilizza una scarica bifasica a bassa energia, non dannosa per il miocardio ed è caratterizzato da una rapidità di intervento notevole: il tempo necessario per predisporre il defibrillatore alla sua funzione è di 30-40 secondi dal momento in cui ci si appresta ad impiegarlo.
Da alcuni anni i defibrillatori semiautomatici hanno fatto il loro ingresso in luoghi pubblici come stazioni ferroviarie, palestre, scuole e aziende e sono presenti anche in alcune farmacie.
La tempestività salva la vita
L’arresto cardiocircolatorio è una delle principali cause di morte nei paesi industrializzati. Studi clinici condotti in Europa e negli Stati Uniti dimostrano che l’Acc colpisce 1 persona su 1000.
L’unico trattamento dimostratosi efficace, a patto che venga eseguito tempestivamente, è la defibrillazione precoce, preceduta dalla rianimazione cardiopolmonare.
Se il cuore e i polmoni si fermano, cessa il rifornimento di sangue e, conseguentemente, di ossigeno ai tessuti e agli organi, dei quali il più sensibile alla carenza di ossigeno è il cervello: già dopo 8-10 minuti di assenza di circolazione il cervello subisce danni irreversibili, ovvero gravissime lesioni che potrebbero comportare danni all’uso della parola, al movimento e alle capacità cognitive e quindi alla vita di relazione e lavorativa dell’individuo.
Per tale motivo, in caso di Acc, è necessario mettere in atto un protocollo di sostegno delle funzioni vitali, noto come Basic Life Support (BLS), che consiste in una serie di manovre di massaggio cardiaco e respirazione artificiale per mantenere l’ossigenazione del cervello. Questi interventi, tuttavia, sono generalmente inefficaci nel ripristinare il funzionamento autonomo della pompa cardiaca e della respirazione. L’anello successivo della catena della sopravvivenza è rappresentato dalla defibrillazione, attuata con apparecchi che erogano una scarica elettrica, in grado di far ripartire la pompa cardiaca. La tempestività dell’intervento è cruciale; ogni minuto che passa dall’inizio dell’arresto cardiaco, infatti, fa scendere del 10% circa la probabilità di successo della scarica elettrica trasmessa con il defibrillatore. Dopo 5 minuti, le possibilità di ripresa sono già scese al 50%, dopo 8 minuti al 20%.
La defibrillazione è, perciò, una manovra salvavita che deve essere effettuata al più presto.
I commenti sono chiusi.