Il ruolo delle arti e della cultura come risorse per il benessere, noto fin dagli albori della medicina, è attestato da un corpo di evidenze scientifiche cresciuto dagli anni ’70 del secolo scorso. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ne ha dato conto nel rapporto dedicato alle evidenze sul “ruolo delle arti nel miglioramento della salute e del benessere”, presentato nel novembre 2019.
Il rapporto, nato da un percorso avviato nel 2015 con il progetto “Cultural Context of Health and Well-being” dalla stessa Oms, sottolinea quanto la partecipazione culturale e le pratiche artistiche possano influire positivamente sul benessere e sulla salute, dalla prevenzione primaria ai percorsi di cura. Indica inoltre come nella definizione delle politiche sanitarie sia oggi centrale e prioritaria l’integrazione con quelle sociali, educative e culturali, già attuata in paesi dell’area anglosassone e nord-europea. Anche la nuova “Agenda europea per la Cultura” rilancia nel 2018 la dimensione delle relazioni sistematiche e sistemiche come elementi fondanti nelle politiche sanitarie, sociali, civili, ambientali delle prossime decadi.
Un tema reso oggi ancor più d’attualità dall’esperienza pandemica che ha fatto emergere il bisogno di ripensare i percorsi di cura nei diversi ambiti sanitari fortemente penalizzati dalla mancata possibilità di relazioni umane e contatto diretto fra i diversi attori: pazienti ricoverati, pazienti con patologie croniche, operatori sanitari, caregiver…
Nel corso di questi due anni sono state numerose le progettualità che hanno visto la lettura, la musica, l’arte, la bellezza in generale quali strumenti per entrare in relazione fra i diversi attori e meglio affrontare i percorsi di cura anche a distanza. Le iniziative culturali hanno avuto un forte impatto anche sugli operatori sanitari provati dall’emergenza.
Il Rapporto dell’Oms
La review ha raccolto evidenze da un’ampia varietà di studi che utilizzano metodologie diverse. Nel complesso, i risultati sottolineano un “potenziale contributo delle arti nell’influenzare i determinanti della salute, nell’avere un ruolo rilevante nella promozione della salute, nel prevenire l’insorgenza di malattie mentali e il decadimento fisico legato all’invecchiamento; nel sostenere il trattamento o la gestione di malattie mentali, malattie croniche degenerative e disturbi neurologici e infine nel supportare l’assistenza di pazienti affetti da malattie acute o terminali”.
Il corpus delle evidenze è relativo sia ai benefici dovuti a una partecipazione passiva – ad esempio una visita al museo o la fruizione di uno spettacolo o di un film – sia a una partecipazione attiva come la partecipazione a un laboratorio teatrale o uno stage di danza.
In particolare, nel rapporto sia i risultati osservati sia le forme di arte analizzate sono stati suddivisi in categorie.
Nel contesto artistico il report individua cinque categorie per classificare le arti e la cultura:
- le arti performative (teatro, danza, canto, musica, film…);
- le arti visive (design, artigianato, pittura, fotografia…);
- la letteratura (scrittura, lettura, partecipare a festival…);
- la cultura (visitare un museo, una galleria d’arte… assistere a concerti o spettacoli teatrali…);
- le arti online, digitali e informatiche (animazioni, videogiochi…).
Nell’ambito dei risultati, per la categoria prevenzione e promozione della salute, le evidenze hanno mostrato come le arti sono efficaci e possono:
- influenzare i determinanti sociali della salute;
- sostenere lo sviluppo del bambino;
- incoraggiare comportamenti che promuovono la salute;
- aiutare a prevenire le malattie;
- supportare l’assistenza e la cura.
Per quanto riguarda la categoria gestione e il trattamento delle malattie all’interno dei percorsi di cura, i risultati hanno evidenziato come le arti sono integrative delle cure e dell’assistenza e che possono:
- aiutare le persone che soffrono di malattie mentali;
- sostenere le cure per le persone in condizioni acute;
- sostenere le persone con disturbi neuroevolutivi e neurologici;
- contribuire al trattamento di malattie croniche degenerative;
- concorrere all’assistenza nel fine vita.
In Italia
Il nostro Paese è caratterizzato da innumerevoli pratiche culturali e artistiche con esiti felici, ancora poco note, che coinvolgono non solo persone vulnerabili o malate, ma interi gruppi sociali e comunità educative. Negli ospedali le arti entrano sempre più frequentemente a umanizzare e integrare la cura. Nei luoghi della cultura, dai musei alle biblioteche ai teatri, sempre più orientati allo sviluppo e al coinvolgimento dei pubblici (audience development ed engagement), prendono corpo pratiche per l’inclusione sociale e per il benessere e la salute delle persone. Gli esempi vanno dai Musei toscani per l’Alzheimer al progetto “danceWell” per le persone con il parkinson, dal progetto “Neuromusic” della Fondazione Mariani che pone in relazione le neuroscienze e la musica a favore dell’armonia della crescita nei bambini, fino alle azioni di “nati per leggere” per iniziare i neonati alla lettura. L’innovazione sociale a base culturale ha assunto la dimensione di fenomeno tra i più interessanti nei processi di rigenerazione umana, nelle periferie urbane come nelle aree interne e montane.
Il tale contesto innovativo, in Italia è nato il CCW-Cultural Welfare Center, primo centro interdisciplinare per promuovere lo studio, la ricerca, la costruzione di competenze, l’accompagnamento delle politiche e il rafforzamento delle pratiche che hanno a cuore la “cultura per il benessere delle persone e la salute delle comunità”. Dieci professionisti, pionieri del welfare culturale e compagni di lungo corso, provenienti da tutta l’Italia, dai mondi culturale, sociale, sanitario, educativo, economico uniscono le proprie forze per dare un contributo sistemico all’altezza delle sfide della contemporaneità. Sedi operative in due luoghi di innovazione sociale: a Torino, nel BAC-Barolo art for community- nel Distretto sociale dell’Opera Barolo, e in Sicilia, al Farm cultural park di Favara. Il Centro nasce il 15 maggio 2020, data della scomparsa del Maestro Ezio Bosso, mentore che ha alimentato fin dalle prime discussioni le riflessioni del Ccw con la sua visione socratica della musica e della vita, asserendo che “l’arte è terapia sociale”.
Come primo atto il Ccw, in collaborazione con Dors-Centro di documentazione per la promozione della salute della Regione Piemonte, su autorizzazione di Oms, ha messo a disposizione in open source la traduzione in italiano del Rapporto dell’Oms e ha varato un sito, già trasformatosi in un riferimento online, attraverso il quale condividere risorse di conoscenza (www.culturalwelfare.center).
«La sfida di Ccw – spiega la presidente, Catterina Seia – è contribuire alla costruzione di competenze, al rafforzamento degli ecosistemi di cooperazione tra i mondi socio-sanitari-assistenziali e educativi, accompagnare la costruzione di politiche che mettano in atto questa visione. Intendiamo favorire le condizioni per rafforzare i progetti pilota riconosciuti come “buone pratiche”, ma ancora di piccole dimensioni e frammentari, perché divengano “pratiche replicabili e misurabili” in grado di garantire impatto sociale, visibilità e durata al fenomeno. In Italia le medical humanities, presenti in pochi master, non fanno parte nell’alta formazione delle professioni mediche, come non troviamo la relazione virtuosa tra cultura e salute nella formazione dei professionisti della cultura. Il “Master cultura e salute” varato a dicembre 2021 è una delle proposte formative di Ccw School, pensata per rispondere alle esigenze di professionalità provenienti da diversi settori e ruoli professionali con gli obiettivi di fornire competenze trasversali, contribuire alla creazione di un linguaggio comune e sostenere progettualità ad alto impatto sociale». Con grande piacere Ccw collabora da quest’anno alla rubrica “Cultura e salute” di Pharmacom.
a cura di Elisabetta Farina e Cultural welfare centre
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