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Insalubrità indoor e patologie

Una relazione spesso sottovalutata

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Trascorriamo la maggior parte della nostra vita – circa il 90% – in luoghi chiusi, ma, nonostante ciò, spesso anche tra gli esperti e nel mondo tecnico si sottovaluta l’importanza che la salubrità di questi ambienti riveste per la nostra salute. Vivere in ambienti malsani e respirare un’aria insalubre, infatti, porta frequentemente all’insorgenza di patologie, più o meno gravi, i cui sintomi però vengono raramente ricondotti all’insalubrità dell’ambiente in cui il paziente vive. È quindi fondamentale fare formazione in tal senso, in modo che i medici siano preparati a saper riconoscere i sintomi, per poter valutare se questi sono eventualmente dovuti all’ambiente in cui il paziente vive o lavora.

La Medicina ambientale rappresenta un punto di svolta in tal senso, un cambio di paradigma che in tali contesti risulta vincente nell’approccio preventivo ancor prima che solo risolutivo. A parlarci di questa branca della medicina sarà il dottor Antonio Maria Pasciuto, specialista in Medicina interna, esperto in Medicina ambientale clinica e fondatore di Assimas (Associazione italiana di medicina ambiente e salute), che su questi temi si è formato in Germania.

Antonio Maria Pasciuto è medico specialista in Medicina interna, esperto in Medicina ambientale clinica, membro del Consiglio direttivo di Europaem (Associazione europea di medicina ambientale) e fondatore di Assimas (Associazione italiana di medicina ambiente e salute).

Innanzitutto, cosa vuol dire essere in salute per il corpo umano?

Il termine “salute” non deve essere limitato alla definizione fornita dall’Oms, ossia “Una condizione di completo benessere fisico, mentale e sociale e non esclusivamente l’assenza di malattia o infermità.”. Per “salute” si deve intendere piuttosto un sistema armonico e dinamico, un equilibrio che, se alterato, sfocia nell’insorgenza di patologie. La nostra salute è strettamente legata all’ambiente in cui viviamo: siamo sistemi aperti, in continuo e ininterrotto dialogo con l’ambiente, dal quale traiamo stimoli di vario tipo, sia positivi che dannosi, per cui siamo anche soggetti ai potenziali agenti patogeni in esso presenti.

Quali, quindi, i principali fattori ambientali causa di insalubrità, a cui è bene prestare attenzione?

Per semplicità, gli agenti nocivi provenienti dall’ambiente possono essere distinti in tre gruppi: gli inquinanti di tipo fisico, di tipo biologico e di tipo chimico.

Tra i primi rientrano, oltre ai campi elettromagnetici – tra cui le alte frequenze (come quelle emesse da telefoni cellulari, antenne e wi-fi) e basse frequenze (elettrodomestici e prese di corrente) –, anche agenti come il gas radon, seconda causa di tumore al polmone.

La seconda categoria, probabilmente la più nota, comprende batteri, virus, muffe e parassiti.

Il mondo degli inquinanti chimici è invece molto ampio, e fa riferimento ai biocidi, ai metalli pesanti e ai composti organici volatili, tra cui il più noto è la formaldeide. La problematicità di questi fattori risiede nel fatto che sono emessi nell’ambiente da sostanze di uso quotidiano: nello stesso ambiente esistono diverse forme di inquinanti e, anche se ciascuno è presente in misura conforme ai limiti di legge, il sommarsi (e il potenziarsi) tra di loro può generare situazioni dalla pericolosità poco prevedibile.

Quali sono i meccanismi che portano all’insorgenza di malattie, anche croniche, e perché alcuni individui ne sono più soggetti rispetto ad altri?

Innanzitutto, è bene ricordare che quando si parla di patologie ci si riferisce a disturbi di gradi diversi, dalle malattie croniche, che possono essere più o meno gravi, fino ad arrivare a patologie molto gravi, come tumori, che possono portare alla morte. Che le patologie croniche siano multifattoriali, è un dato di fatto. Quando un organismo viene a contatto con fattori nocivi (se non siamo di fronte ad un’intossicazione acuta) non manifesta nulla nelle prime fasi d’esposizione, ma con il tempo le capacità di difesa si riducono e il sintomo si manifesta. Si tratta quindi di situazioni che non vanno sottovalutate, ma piuttosto studiate e analizzate a fondo per arrivare a diagnosi corrette. Pur a parità di stimoli ricevuti dall’ambiente, la risposta dei singoli individui può essere diversa: per capire il motivo, bisogna far ricorso al concetto di vulnerabilità e suscettibilità. La prima fa riferimento alla condizione in cui le difese dell’organismo sono ridotte, che riguarda persone in stato di fragilità come ad esempio gli anziani, i bambini piccoli e le donne in gravidanza; la seconda, invece, riguarda soggetti che, a causa di situazioni genetiche come la riduzione o la mancanza di enzimi detossificanti, nel momento in cui vengono a contatto con una sostanza nociva, non sono in grado di eliminarla. Questi due fattori sono cruciali per comprendere a pieno il decorso delle patologie in soggetti diversi, nonostante le condizioni esterne di partenza risultino analoghe.

Quale deve essere, in questo contesto, il ruolo del medico?

Quando si arriva alla manifestazione del sintomo, l’organismo è già venuto a contatto con una molteplicità di sostanze potenzialmente dannose. Il ruolo del medico è cruciale in questo senso: egli non solo dovrebbe identificare e ridurre i fattori di rischio, ma dovrebbe anche andare alla ricerca delle cause profonde, sottostanti il sintomo, mettendo in atto una terapia in tal modo realmente eziologica, ovvero basata sulle cause. Per essere in grado di porre i quesiti giusti al paziente, (che consentono al medico di potersi indirizzare sulle possibili cause) il medico stesso deve avere la consapevolezza, e di conseguenza una idonea ed accurata formazione, relativa ai potenziali rischi riguardanti gli ambienti confinati. Serve quindi un cambio di paradigma: non bisogna limitarsi all’analisi della storia clinica del paziente, considerando unicamente la sua condizione di salute e le sue malattie pregresse, ma bisogna adottare uno sguardo onnicomprensivo, indagando in profondità anche le condizioni di vita e la quotidianità dello stesso. Solo indagando, ad esempio, se il paziente vive vicino a una centrale elettrica, a un’industria, o i materiali e gli arredi che ha nella propria abitazione, l’anamnesi può essere completa e più appropriata. Una volta eseguita questa procedura, si procede sia con il biomonitoraggio, effettuando delle analisi mirate sul paziente – analisi del sangue e delle urine, ad esempio –, sia con il monitoraggio ambientale, analizzando l’abitazione e il luogo di lavoro del paziente.

Ci può fare alcuni esempi concreti di rischi spesso sottovalutati?

L’aria è il veicolo prevalente di esposizione al rischio: una cosa curiosa che non molti sanno, ad esempio, è che una delle principali fonti di inquinamento da mercurio è il fatto di vivere vicino ai cimiteri, poiché la cremazione dei cadaveri rilascia mercurio proveniente dall’amalgama, che viene così diffuso nell’ambiente. Ma ancora, è stata scoperta una relazione tra i campi elettromagnetici e la cataratta; ci si ammala anche per mancanza di luce o per l’esposizione al rumore eccessivo: l’inquinamento acustico, infatti, risulta avere una forte relazione con l’infarto del miocardio. Inoltre, anche la scarsa qualità del sonno abbassa le difese immunitarie. Innumerevoli situazioni problematiche sono state quasi del tutto risolte semplicemente spegnendo il wi-fi durante la notte ed evitando la presenza di telefoni cellulari accesi sul comodino, i cui campi elettromagnetici riducono, appunto, la produzione di melatonina. Si tratta spesso di conoscenze già presenti nel repertorio medico, che però devono essere tradotte nella pratica.

Come è possibile adottare questo cambio di prospettiva, e qual è il ruolo della Medicina ambientale a riguardo?

Oltre a un rinnovato atteggiamento del medico, è necessaria una consapevolezza maturata grazie alla formazione, che è imprescindibile. In questo senso per arricchire il patrimonio culturale del medico interviene la Medicina ambientale, che non fa altro che aggiungere nuovi concetti e consapevolezze basati su ricerche e studi scientifici riguardanti la relazione deterministica che l’ambiente ha sulla salute. Solo partendo da questo rinnovato approccio, il medico potrà fare una diagnosi eziologica, volta a identificare le cause profonde del disagio. Questo approccio è già diffuso in alcuni Paesi europei, come la Germania, in cui esistono cattedre di Medicina ambientale in varie università, volte alla divulgazione di una chiave di lettura moderna rispetto all’universo delle cause delle patologie.

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