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uest’anno le Farmacie Comunali di Genova dedicano la loro attenzione al jeans; non poteva mancare uno degli esempi più illustri per la loro storia, cioè nientemeno dei jeans di Giuseppe Garibaldi. L’eroe dei due mondi, infatti, seguiva le usanze del suo tempo.
Come si è già detto, il fustagno, cioè un tessuto in cotone molto resistente, era molto ricercato per confezionare gli indumenti da lavoro. Alcune statuine di presepe del Settecento e dell’Ottocento (Museo Luxoro, Santuario della Madonnetta, Presepe Savoia) ci permettono di ammirare ancora oggi i loro pantaloni e le loro casacche in quel fustagno tinto in blu, che fin dal 1500 al suo arrivo in Inghilterra era stato etichettato “jean” per rendere manifesta la città di origine.
Molti esempi ottocenteschi, in particolare le stampe di Pittaluga, ci mostrano quanto il fustagno tinto in blu fosse l’elemento distintivo del vestire di chi lavorava in porto e di chi esercitava il commercio al minuto, spesso di porta in porta.
I pantaloni di Giuseppe Garibaldi sono figli di queste usanze, dovevano essere confortevoli e resistenti, adatti anche ad essere indossati sul campo di battaglia: con quei pantaloni in tela di Genova, il condottiero fece lo sbarco a Marsala e la guerra in Sicilia.
Conservati nella collezione permanente al Museo del Risorgimento nel complesso del Vittoriano a Roma, sono un documento eccezionale per la storia di Garibaldi e anche per la storia del fustagno genovese. Datati al 1860, precedono di quasi 10 anni lo storico brevetto dei blu jeans americani, registrato da Levi Strauss, con i suoi soci, nel 1873.
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