Ciò che definiamo “Medicina di genere” (Mdg) spesso viene impropriamente intesa come una branca della medicina. Ci riferiamo, invece, a un approccio innovativo, trasversale a tutte le discipline della salute e della cura, definito a livello internazionale sex and gender based medicine e che vive profonde evoluzioni. L’approccio nasce convenzionalmente nel 1991 dopo la pubblicazione di un articolo/denuncia (The Yentl syndrome) di Healy che puntualizza la sistematica “disattenzione” alle donne in ambito cardiologico, dimostrando la cattiva interpretazione dei segni e sintomi infartuali, caratteristicamente diversi nelle donne rispetto agli uomini. Da allora si succedono evidenze in ambito di ricerca di base e clinica, a dimostrazione che le acquisizioni in medicina e in tutte le discipline della cura e salute non tengono conto delle differenze sia sessuali (fisiche, biologiche, funzionali ecc.) che di genere (attenzione alla salute, vissuto della malattia ecc.) di uomini e donne.
La Mdg in Italia
La Legge italiana 3/2018 costituisce caso unico in Europa e rappresenta per l’Italia importante progresso utile a garantire l’inserimento del parametro “differenze di sesso e genere” nella medicina e negli aspetti concernenti la salute. L’art.3 della Legge “Applicazione e diffusione della medicina di genere (Mdg) nel Servizio sanitario nazionale” introduce l’attenzione alle differenze di genere (includendo anche le differenze di sesso) nella ricerca, prevenzione, attività di diagnosi e cura, allo scopo di garantire la cura più appropriata a ogni persona e prevede tre dispositivi attuativi:
Piano volto alla diffusione – individua le azioni principali da realizzare per garantire che tutte le Regioni avviino programmi di diffusione della Mdg;
Piano Formativo nazionale – esprime l’intento di favorire adeguati percorsi formativi per la Mdg sul territorio nazionale e garantire qualità e appropriatezza delle prestazioni erogate dal Servizio sanitario nazionale;
Osservatorio dedicato – ha il compito di monitorare l’attuazione delle azioni previste in applicazione dall’art.3. Un percorso che porterà progressi in tutto il Ssn, sia in termini di appropriatezza che di equità nelle cure.
Il Centro dell’Università di Ferrara
Anticipando questo contesto, nel febbraio 2018 era nato il Centro Studi per la Medicina di genere dell’Università degli Studi di Ferrara.
Il Centro – la cui direttrice è la professoressa Rosa Maria Gaudio – articola la propria attività con nuova modalità di approccio alla ricerca e alla clinica in ambito biomedico, testimoniando come questa sia veicolo di accresciuta appropriatezza della cura e del prendersi cura delle persone. L’obiettivo di promuovere e sviluppare una ricerca interdisciplinare si sviluppa anche nell’attenzione a raccogliere e interpretare i dati disaggregati per sesso, nel partecipare a progetti scientifici promossi da enti di ricerca pubblici, nella produzione di servizi di supporto alla ricerca e alla didattica, forte della eterogenea composizione dei membri: docenti, ricercatrici e ricercatori che approfondiscono l’obiettivo in vari campi. Nello specifico: farmacologia di genere, psicosociologia di genere, ricerca traslazionale in numerose patologie complesse, cronobiologia, biologia molecolare con ingegnerizzazione dei tessuti, approccio sesso/genere per la refertazione clinica densitometrica, antropologia biologica, psicosociologia di genere, genetica individuale nelle malattie complesse.
L’impianto su cui il Centro ha basato la propria identità è prevalentemente di tipo formativo rappresentando una metodologia antesignana e premonitrice di quanto occorso successivamente, e su cui il Centro si è subito configurato protagonista.
Il Centro ha da sempre ritenuto fondamentale formare i medici già durante gli studi universitari, strutturando l’approccio sex and gender based come integrante degli obiettivi di apprendimento, non tanto con cattedre tematiche, ma favorendone l’inserimento in ogni insegnamento (mainstreaming).
Questo processo iniziato nell’Università di Ferrara dal 2016 ed esteso successivamente alla mozione della Conferenza dei presidenti di consiglio di corso di laurea in medicina e chirurgia, ai Corsi di laurea di medicina di tutte le università italiane, sta portando risultati di sensibilizzazione e formazione diffusa che trovano evidenza nel numero di corsi e tesi di laurea che tengono conto del nuovo approccio. Nel post-laurea il mainstreaming di genere viene indicato con le medesime modalità. Il Centro ha sempre ritenuto che la condivisione di questi strumenti di formazione rappresentasse passaggio indispensabile per raggiungere maggiore appropriatezza ed equità delle cure, nell’ottica del rispetto del diritto di salute.
Ambiti di studio e ricerca del Centro
n Stereotipi di genere nelle relazioni sociali
Aspetti definiti gender bias o pregiudizi di genere che, se agiti nella relazione medico/paziente, risultano pregiudizievoli il completo rispetto del diritto di salute del/la paziente. Troviamo alcuni bias, per esempio, nell’attribuzione stereotipata (quindi errata) che le donne siano meno soggette alle patologie cardiologiche, che gli uomini non siano soggetti a osteoporosi, che le donne siano più depresse degli uomini. Il tema calato nella clinica ha avuto numerose conferme: i medici uomini e donne hanno rapporti diversi a seconda che i pazienti siano donne o uomini. Il medico uomo è più propenso a prescrivere psicofarmaci alle pazienti donne, mentre i medici donna spesso risultano meno efficaci verso pazienti maschi nel far rispettare una prescrizione. Durante la raccolta dell’anamnesi non viene riportata l’identità sessuale, di genere e l’orientamento sessuale, tema spesso auto censurato da parte dei professionisti nel timore di sconfinare in una violazione della privacy. Le persone Lgbtiq+ (lesbiche, gay, bisessuali, transessuali, intersessuali, queer) sono soggette al cosiddetto minority stress, lo stress e difficoltà sociale dato dall’essere minoranza e tutte le ricerche dimostrano che questo tipo di stress potrebbe essere decisamente attutito, qualora i medici manifestassero disinvoltura (e competenza) nel trattare questi temi.
Organizzazione dei ritmi circadiani
Quella specie di orologio biologico che tutti noi abbiamo, che regola l’alternanza sonno-veglia e che garantisce la fisiologia dell’organismo, ma nello stesso tempo può essere ‘desincronizzata’, alterata da modificazioni del ritmo luce/buio, con conseguenze sullo stato di salute, spesso più frequenti nel sesso femminile, può avere un ruolo fondamentale nella considerazione della turnistica del lavoro, nell’appropriatezza di attività specifiche nell’ambito aziendale, nel campo dell’infortunistica in occasione di lavoro.
Terapie basate sull’ingegnerizzazione dei tessuti
Nello sviluppo di ‘costrutti’ – (modelli appropriati) ideati in laboratorio per essere impiantati per la cura e il recupero da traumi o patologie che interessano le ossa e le articolazioni – è fondamentale tenere conto delle caratteristiche della diversa anatomia tra uomo e donna in funzione della condizione di previdenza sociale sia nel contesto del recupero della malattia, che della valutazione del danno biologico.
Abuso di farmaci oppioidi
Tale problematica – che rappresenta un’emergenza sanitaria a livello mondiale – è particolarmente evidente per le donne a causa del maggiore consumo di farmaci analgesici, ma non solo: risulta fondamentale valutare le differenze di genere in relazione agli effetti tossici degli oppioidi e alla loro capacità di indurre tolleranza e dipendenza, e sappiamo come questo influisca su tutta l’assistenza e soprattutto sulla gravidanza e il nascituro.
Variabilità genetica di ogni persona
Lascia comprendere perché la donna dopo un infarto del miocardio sia a maggiore rischio di sviluppare uno scompenso cardiaco rispetto a un uomo. Allo stesso modo perché la prognosi nei due sessi sia diversa per le malattie neurodegenerative come l’Alzheimer o predire la differente prognosi o risposta nei due sessi a un trattamento sia esso un farmaco o un vaccino come nel covid-19 o ancora investigando mediante lo studio del genoma della madre come cause epigenetiche e molecolari durante la gravidanza siano responsabili di disordini neurocomportamentali come l’autismo in modo differente nei due sessi dei bambini. Ciò risulta indispensabile per l’attività di tipo assistenziale, per la prevenzione di determinate patologie oltre che per percorsi diagnostici e terapeutici ad hoc.
E ancora l’applicazione clinica nella pratica dell’approccio sex/gender based per la stima del rischio di frattura ossea in base a fattori basati sulle differenze di sesso e genere, utile per la costruzione di protesi differenziate, oltre che la previsione riabilitativa individuata in modo precipuo rispetto a eventi evolutivi tipici, e quindi d’approccio assistenziale ambulatoriale piuttosto che di degenza
Costrutto sociale
Si rivela importante per la dichiarazione dei sintomi in quanto donne e uomini si comportano in modi diversi di fronte alla malattia e nella relazione con il medico. Per consolidata tradizione l’educazione degli uomini dissuade a dimostrare fragilità e a parlarne ad altri. Se in ambito sanitario questa “tendenza” non viene accompagnata da attenzione e disponibilità all’ascolto, resta così taciuta una parte di conoscenza dei sintomi, origine, manifestazioni, dettagli, spesso fondamentali per una diagnosi e cura appropriate, per esempio l’aspetto relazionale medico paziente che deve essere basato non già e non solo su un aspetto sessuale ma piuttosto su tutti gli aspetti e sviluppi, in entrambe le visioni (donna più empatica, con maggiore capacità di acquisizione) ma anche l’accettazione di una malattia è fattore diverso per uomo o donna, interessa aspetti profondi della propria fragilità, del ruolo familiare e sociale della prospettiva, in particolare se si tratta di patologie croniche.
Antropologia biologica
“Approfondire l’evoluzione umana e la biodiversità nelle popolazioni del passato” che per esempio studia i resti scheletrici di uomini e donne, vittime italiane della peste del ‘600, rilevando che, “a differenza della maggior parte delle malattie infettive a carattere epidemico, non c’erano differenze nei due sessi: uomini e donne morivano soprattutto fra i 18 e i 34 anni e chi aveva uno stato di salute migliore aveva più probabilità di morire di peste che di altre cause, ma la peste colpiva di più i fragili in generale”.
Espressività di alcune patologie dolorose
Un esempio è la fibromialgia, condizione molto diffusa di dolore muscoloscheletrico e di astenia che si stima colpisca da 1.5 a 2 milioni di italiani. Il 90% dei casi riguarda donne, mentre gli uomini manifestano il disturbo in modo diverso, con meno sintomi e con minore livello di severità. Vengono studiate le ragioni di queste differenze che ancora oggi non sono completamente comprese: evidenze neurofisiologiche concordano nell’indicare la presenza di più basse soglie del dolore nelle donne rispetto agli uomini, probabilmente ascrivibile a differenze nei livelli di endorfine e di ormoni sessuali. Lo studio ormonale porta a un approccio diverso anche nella diagnosi che, se correttamente e precocemente individuata, può trovare beneficio in una terapia articolata su farmaci altamente specifici. Ciò comporta una rivoluzione nell’approccio di molte altre patologie con alto livello di invalidità e conseguente elevato impatto sociale.
Permeabilità alle proteine della barriera ematoencefalica
Lo studio biochimico, in collaborazione con specialisti neurologi, ha concesso il filone di ricerca sulla diversa permeabilità in base al sesso di appartenenza. Da qui la necessità di calibrare la diagnostica laboratoristica del paziente, per evitare di sopravvalutare (nel maschio) o sottostimare (nelle femmine) l’eventuale, cosiddetto danno di barriera. Inoltre, in campo di ricerca farmacologica, lo studio degli effetti dell’utilizzo di triptorelina in adolescenti (quindi soggetti in piena età evolutiva, presentanti aspetti psicologici di disforia di genere, ascrivibili a irrequietezza nell’accettazione della propria conformazione fisico-ormonale) al fine di assicurare, anche predittivamente, la tutela della salute psico-fisica dei minori e degli adolescenti.
Concludendo, la medicina di genere è una “rivoluzione silenziosa, ma inesorabile” così definita dal Past president dell’Associazione internazionale di medicina di genere (International gender medicine association – Igm) Marek Glezermann, che rivisita e studia come le differenze di sesso e genere – considerato parte integrante dei processi di prevenzione e cura – impattano sullo stato di salute e malattia. Il Centro si impegna periodicamente in incontri pubblici e, nell’applicare genuinamente lo spirito di “terza missione” universitaria, quello della divulgazione alla popolazione, intende confermare che la diffusione dell’approccio attento alle differenze di sesso e genere, sarà efficace se estesa a tutte e tutti, anche non “addetti ai lavori”: consultate online
www.gendermedicineunife.eu
a cura del Centro universitario di studi sulla Medicina di genere dell’Università di Ferrara
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