Microbiota e diabete: quale relazione?
Nella letteratura scientifica la cosiddetta “microbiota revolution”, ovvero la crescente consapevolezza del ruolo del microbiota intestinale, ha comportato alcuni passi in avanti nella comprensione della patogenesi del diabete. Sebbene gli studi e le conoscenze acquisite siano ancora limitate, vi è un crescente interesse sui possibili effetti positivi (o negativi) che il microbiota intestinale può avere su patologie metaboliche, come il diabete e l’obesità.
Cos’è il microbiota intestinale?
Il microbiota umano è un’entità molto complessa che contribuisce allo sviluppo del sistema intestinale, del sistema immunitario e alla degradazione dei polisaccaridi non digeribili. È composto principalmente da sei tipi di microrganismi (phyla): Firmicuti, Batteriodi, proteobatteri, Actinobatteri, Fusobatteri, e i Verrucobatteri.
Il microbiota intestinale, nello specifico, è l’insieme dei microrganismi che popolano il nostro apparato digerente, in prevalenza i Batterioidi (batteri Gram negativi) e dai Firmicuti (batteri Gram positivi). Tali batteri svolgono delle funzioni benefiche, come il contrasto alla colonizzazione dell’intestino da parte di microbi patogeni, la sintesi di sostanze utili e la digestione di molecole complesse.
Ad esempio un microbiota intestinale “in buona salute” è in grado di digerire i flavonoidi (contenuti in frutta e verdura) producendo così sostanze utili alla protezione della salute cardiovascolare. I batteri intestinali producono anche acidi grassi a catena corta i quali sono molto importanti per proteggere l’intestino dalle infiammazioni.
In generale, quindi, avere un microbiota intestinale ricco di diversi ceppi microbici è una condizione positiva per l’equilibrio e la salute dell’organismo. Ciò dipende molto dal tipo di alimentazione, dallo stile di vita, dall’attività fisica, dall’uso di alcuni tipi di antibiotici, ma anche da condizioni che non sono dipendenti da noi come il background genetico.
I tipi di diabete
Il diabete mellito è una delle principali patologie metaboliche e riguarda l’inefficienza dell’organismo di gestire il glucosio che raggiunge livelli nel sangue superiori alla norma. La spia d’allarme della presenza del diabete è infatti la glicemia, cioè la quantità di zuccheri presente nel sangue: valori glicemici che superano i 126 mg/dl dopo un digiuno di almeno 8 ore, per almeno due giorni consecutivi, sono un chiaro segnale della presenza del diabete.
A livello diagnostico, il diabete viene distinto in diabete di tipo 1 e diabete di tipo 2.
Il primo, meno diffuso, si manifesta più precocemente rispetto alla seconda tipologia e per questo viene chiamato anche diabete giovanile. È una patologia autoimmune che colpisce una parte specifica del pancreas, causando una marcata carenza nella produzione di insulina e quindi una maggiore presenza di glucosio nel sangue. La principale terapia infatti prevede la somministrazione di insulina.
Il diabete di tipo 2, tipico dell’età adulta e maggiormente diffuso nella popolazione, è causato dalla insulino-resistenza: in questo caso l’insulina viene prodotta in maniera efficiente ma non è in grado di portare il glucosio all’interno delle cellule. Le cause della patologia sono da ricercarsi nello stile di vita (scarsa attività fisica e alimentazione scorretta).
Che ruolo ha il microbiota nell’insorgenza del diabete?
Quando le comunità di microrganismi che compongono il microbiota intestinale vivono in equilibrio vi è una condizione definita di eubiosi (“benefico per il benessere dell’organismo”). Al contrario, quando si verifica un’alterazione di questo equilibrio, ad esempio con un’eccessiva proliferazione di batteri patogeni, si parla di disbiosi (“non benefico per il benessere dell’organismo”).
Il microbiota, come abbiamo visto, interviene nella regolazione della produzione di acidi grassi a catena corta a loro volta coinvolti nella regolazione dell’assorbimento del cibo e della modulazione insulinica.
Squilibri nella composizione del microbiota intestinale sono correlati ad alterazioni della permeabilità della barriera intestinale. Nel caso del diabete di tipo 1, la disbiosi è legata allo sviluppo del sistema immunitario che inizia subito dopo la nascita, e può facilitare la comparsa di patologie autoimmuni, come il diabete di tipo 1.
Nel caso invece del diabete di tipo 2, è una dieta a base di nutrienti poco salutari che porta a sviluppare un microbiota tendente alla disbiosi. I ceppi “buoni” di probiotici diminuiscono a discapito dei ceppi “cattivi”, favorendo lo sviluppo di un’infiammazione di tutto l’organismo che è la principale causa di insulino-resistenza.
Viene quindi naturale chiedersi se integrando il microbiota con specifici ceppi di probiotici “buoni”, come i lattobacilli, si possa prevenire o addirittura curare patologie come il diabete.
Gli studi su questo fronte non sono ancora sufficienti per trarre conclusioni, anche perché la risposta del microbiota è molto personale e dipende dalla sua composizione iniziale. Resta assodato che mantenere il proprio microbiota in equilibrio è importante e il modo migliore per farlo è attraverso uno stile di vita sano.
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